Ogni anno, locatori e affittuari si confrontano con un evento rilevante, ma non conosciuto da tutti: l’adeguamento Istat degli affitti. Si tratta di un calcolo annuale di revisione del costo della vita, utile per adeguare determinati importi dovuti per più anni consecutivi.
Il costo della vita varia ogni anno ed è soggetto a cambiamenti di prezzo che, benché minimi, risultano quasi sempre al rialzo. Queste variazioni dipendono da tante cause, ma le principali sono la disponibilità di materie prime, nuovi eventuali dazi e i cambiamenti socio-politici rilevanti.
A occuparsi di calcolare le variazioni nel costo della vita e i dovuti adeguamenti è l’Istat, cioè l’Istituto nazionale di statistica, il quale gestisce annualmente i censimenti della popolazione italiana e dei servizi presenti in Italia.
L’adeguamento Istat interessa un gran numero di italiani. Non si parla, infatti, solo degli affitti, ma anche di assegni di mantenimento, rendite INAIL e pensioni.
Ad ogni modo, l’adeguamento Istat sul canone di locazione è quello che incute maggiori preoccupazioni ai cittadini. È anche vero, però, che non sempre la variazione dell’affitto va a nuocere l’inquilino, cioè il conduttore del contratto d’affitto. Infatti, il proprietario dell’immobile in questione può decidere di gestire in autonomia l’aumento o di suddividere la maggiorazione al 50% con l’affittuario.
Cerchiamo ora di capire come funziona a tutti gli effetti l’adeguamento Istat per gli affitti.
Cosa tratteremo
Come funziona l’adeguamento Istat Affitti
Partiamo con una doverosa precisazione: non tutti i contratti di locazione devono obbligatoriamente contenere una clausola relativa all’adeguamento Istat. Se non è il proprietario a richiederlo o a inserirlo nel contratto, non è previsto alcun aggiornamento. Inoltre, non è obbligatorio anche per chi opta per il regime della cedolare secca.
Per tutti gli altri contratti, valgono le specifiche che ora approfondiremo.
Contratti di locazione 4+4
Per i contratti di locazione 4+4, la rivalutazione del canone arriva fino al 100% dell’indice Istat. Deve essere, ovviamente, prevista nel contratto. Il modo in cui l’annuale adeguamento del canone viene effettuato dipende dall’accordo stipulato tra locatore e conduttore:
- si parla di aggiornamento “a richiesta” se è il locatore a dover comunicare l’adeguamento del canone.
- si ha invece un aggiornamento “automatico” se il locatore ha diritto all’adeguamento anche senza un’esplicita richiesta all’affittuario. In questo caso, sarà responsabilità del conduttore del contratto gestire gli adeguamenti e pagare il canone aggiornato.
Quindi occhio: se l’adeguamento è a richiesta, il locatore può solo e soltanto richiedere il nuovo canone aggiornato, senza però esigere gli arretrati. Se l’adeguamento è automatico, la responsabilità dell’aggiornamento (e di eventuali arretrati non corrisposti) è tutta dell’affittuario.
Contratti di locazione 3+2
Per i contratti 3+2, cioè a canone concordato, l’adeguamento dell’affitto non può superare il 75% dell’indice Istat, come deciso dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il 30 dicembre 2002.
La situazione di questi contratti è un po’ particolare: infatti, non viene scritto esplicitamente che l’aggiornamento debba avvenire su richiesta del proprietario, ma nemmeno in modo automatico. Si va ad applicare, quindi, ciò che è previsto per le locazioni commerciali, cioè che l’adeguamento è dovuto solo se richiesto e a partire dal mese successivo.
Contratti di locazione commerciale
Come è normale che sia, le locazioni commerciali subiscono un trattamento diverso rispetto agli affitti abitativi. Qui l’adeguamento del canone deve essere previsto dal contratto e non può superare il 75% dell’indice Istat.
La Cassazione ha chiarito il 28 febbraio 2012 che nei contratti d’affitto non a canone libero 4+4 la rivalutazione deve essere richiesta espressamente dal proprietario: non è possibile, quindi, prevedere un adeguamento automatico.
Quindi, come abbiamo visto qualche riga più sopra per i contratti a canone concordato, il locatore può sì esigere l’adeguamento di cui magari si era scordato, ma non gli arretrati.
Come si calcola l’adeguamento Istat Affitti
Come dicevamo prima, l’adeguamento Istat non riguarda unicamente gli affitti e per calcolare le diverse rivalutazioni vengono utilizzati vari indici. I tre utilizzati annualmente dall’Istat sono i seguenti:
- Il NIC, cioè l’Indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività,
- Il FOI, cioè l’Indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati,
- L’IPCA, cioè l’Indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi membri dell’Unione europea.
Per calcolare l’aggiornamento del canone d’affitto bisogna tenere conto del FOI.
Al di là del fatto che ad occuparsi degli effettivi calcoli sarà l’Agenzia delle Entrate, ecco come effettuare un calcolo “casalingo” dell’adeguamento Istat.
Dobbiamo avere a disposizione il tasso di variazione e applicare il 75% o il 100% dello stesso per aggiornare il canone dell’anno scorso, utilizzando questa formula: canone annuale d’affitto x indice Istat x 75 / 100, da ripartire sulle dodici mensilità.